Volta la carta

 

Attentati di Parigi: vogliamo partire dal punto zero?

Il punto zero racconta di interi continenti, l’Africa e l’Asia, completamente spolpati, schiavizzati, derubati, asserviti, abbrutiti dall’Europa che per secoli ha succhiato petrolio, oro, uranio, diamanti, animali, legna e schiavi al solo scopo di arricchirsi. Abbiamo tracciato confini fittizi e arbitrari, abbiamo venduto armi agli uni e agli altri per farli sterminare tra loro in lotte fratricide mai viste prima in quelle terre, abbiamo strappato intere popolazioni dalle loro case per stuprarle, schiavizzarle, rivenderle come merce. Abbiamo sradicato le loro religioni imponendogli la nostra, abbiamo imposto loro di vestire, parlare e lavorare come volevamo noi, abbiamo ucciso i loro animali solo per il gusto di farlo, abbiamo rubato loro l’ultimo brandello d’innocenza. Li abbiamo condannati a morire di fame, sete, carestia, guerra, malattia solo per poterci permettere lo stile di vita che abbiamo. Ovviamente quando il PIL cresce da un lato vuol dire che crolla da un altro! Mentre l’Europa nel dopoguerra tornava a crescere, grazie anche agli USA, l’Africa era ancora divisa in colonie, mentre paesi come l’India, il Pakistan ed altri asiatici iniziavano un faticoso cammino autonomo. Ma non dimentichiamoci del Vietnam, della Cambogia, del Libano, della Palestina, dell’Iraq…tutti luoghi in cui la guerra e la miseria l’abbiamo alimentata noi.

Questo cosa sta a significare? Che le stragi di Parigi o di New York sono minimamente giustificabili? Che tutto ciò è il giusto bilanciamento di altri atti terroristici? Che dopo tutto ce lo meritavamo?

NO…certamente, assolutamente, incontrovertibilmente NO! Un morto francese non fa rinascere un morto siriano e una madre siriana lo sa e non vorrebbe che un bambino morisse per vendicare il suo, ne sono certo. Forse di prima intenzione invocherebbe la vendetta, lo faremmo forse tutti, ma a cuore freddo non priverebbe una madre di ciò che il destino (o Dio) ha tolto a lei.

Allora dove sta la verità?

Difficile per noi dirlo, impossibile per alcuni immaginarlo: pensate a chi nasce, cresce e vive circondato da macerie, pericoli, schegge, proiettili, bombe e vede la propria gente morire e la propria terra diventare sterile carbone; pensate a chi nasce sena speranza di poter cullare dei sogni di normalità, con la vita tutti i giorni sospesa tra un raid aereo ed un blitz terrorista, senza nemmeno aver mai assaporato la sicurezza di un lavoro, il calore di una famiglia, la speranza di invecchiare, la voglia di vivere. Chi cresce nella più cupa ignoranza, in un ambiente avvelenato dall’odio e dalla rabbia cieca di chi si sente incolpevole e impotente, credete che non si getti a braccia aperte da qualcuno che gli promette vendetta, soldi, gloria, il paradiso? Chi tutti i giorni vive in un inferno non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare e sicuramente porta con se un carico di risentimento ed odio letale verso chiunque gli sia additato come nemico.

Molta benzina l’abbiamo portata noi, moltissima altra la porta la bramosia di potere di certi “califfi” e la religione porta il fiammifero…solo che sulla brace questa volta ci siamo noi.

Da fare adesso c’è ben poco: le nostre stesse leggi democratiche ci condannano, smorzano le nostre difese, ci espongono a rischi inimmaginati. La nostra cultura, la nostra religione, la nostra (sempre meno) incrollabile fiducia che tutto in qualche modo si aggiusterà e il Male sarà sconfitto ci annebbiano la vista. I nostri nemici invece ci vedono benissimo, non hanno scrupoli, non hanno case, soldi, lavoro, futuro da perdere. Come si concilia la libertà con la sicurezza? L’11 settembre in parte ha risposto a questa domanda, ma come si è visto non è bastato: forse i controllori dell’ordine sono gli stessi che creano disordine? Impossibile saperlo!

Chiudere le frontiere può aiutare un po’, ma la tensione si allenta presto perchè da noi la gente non è abituata a vivere reclusa o costretta da regole rigide e durature: si sopporta per un po’ e poi si riallentano le maglie, si vuol tornare a ciò che si era prima: ed è allora che il terrorismo colpisce di nuovo. E le armi chi le vende ai terroristi? I proiettili se li fabbricano in cucina secondo voi? Oppure chi li vende ai poliziotti e le teste di cuoio è lo stesso che li vende ai terroristi? Finché c’è guerra c’è speranza di business!

Se domani potessi fare un miracolo non chiederei la morte di tutti i terroristi, perchè morto uno ne rinascono due; se potessi fare un miracolo chiederei prosperità e speranza per tutti i popoli oppressi e sfruttati, vorrei una ridistribuzione della ricchezza del mondo in un modo più equo, vorrei togliere la benzina dal rogo in cui ci troviamo, vorrei prosciugare le ragioni che alimentano l’odio e armano i terroristi, vorrei che nessuno si sentisse più vindice di nessun altro: solo così starebbe possibile isolare e fermare le ragioni dell’odio. Sogni forse da miss Italia, troppo puerili…

Purtroppo però le radicalizzazioni e gli interessi mondiali sono guidati da pochi personaggi che regnano sul mondo con la certezza di non aver mai nulla da temere o da perdere: dalle loro torri d’avorio giocano a scacchi con noi che siamo le pedine, mentre loro, irraggiungibili, in ogni caso vincono.

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