
Forse troppo pochi ci fanno ancora caso, ma non invecchiamo solo per le esperienze che ci portiamo addosso, per le cose fatte o non fatte, per le relazioni con le persone o animali, per i segni del tempo di cui il nostro corpo si fa carico, ma anche per come il paesaggio intorno a noi muta di giorno in giorno trasformando le città, i quartieri, le nostre strade, quei posti che fanno da sfondo alla nostra vita come una colonna sonora ad un film. Gli alberi sono i protagonisti silenti del profilo dei nostri orizzonti, gli ombrelli gentili dei nostri giardini, i nascondigli possenti dei nostri giochi di bambini, i rifugi sicuri per le tante creature che volano in estate. La resina, le pine piene zeppe di squisiti pinoli, gli aghi aguzzi e pungenti, l’ombra odorosa, il frinire continuo delle cicale, le radici sporgenti e invadenti, le processionarie all’assalto, i nidi di merlo e di tortora, la neve che stronca i rami: questi i ricordi della pineta di casa mia, di quando bambino tra i tanti tronchi giocavo a pallone con gli amici, di allora.
Purtroppo l’inquinamento, il clima drammaticamente mutato e le malattie hanno decimato i miei amici pini e il giardino di casa mia adesso è cosparso di una trentina di rotonde lapidi di legno; dei tanti giganti di allora, appena 25 anni fa, non ne rimane uno, l’ultimo l’hanno abbattuto ieri.
Tra una settimana avrò 40 anni e mi sembra che i due eventi siano in qualche modo tristemente correlati.