Meritiamo di più

“L’uomo si stanca del bene, cerca il meglio, trova il male, e se ne accontenta per timore del peggio”. (Arthur Bloch, La legge di Murphy III, 1982)

Direi che questo rappresenta l’incipit perfetto per una sommaria analisi del pianeta Fiorentina in questo maggio camuffato da Novembre. 

Se hai scelto di tifare Fiorentina probabilmente sapevi già a cosa andavi incontro. Una vita di magri successi sportivi forse. Ma un senso di appartenenza, ed un orgoglio, per carità a volte addirittura esagerato, come poche altre piazze erano in grado di generare. Sarà per la quasi unicità del colore della maglia, sarà per quell’adorabile spocchia che ci contraddistingue, essere tifosi Viola ha sempre rappresentato un “di più”. 

Come disse una volta Claudio Ranieri quando allenava la Juventus: “Se non avete vissuto il calcio a Firenze non potete capire, lì dal bambino di 8 anni alla vecchietta di 90 non fanno altro che parlare di Fiorentina”. Abbiamo vissuto il bene. Squadre di onesti giocatori impreziosite sempre però da uno o due fuoriclasse assoluti. Salvezze ottenute sul filo di lana, scudetti scippati all’ultima giornata, non ci siamo fatti mancare niente. Successivamente ci è stato offerto il meglio e noi lo abbiamo alimentato. Presentazioni Hollywoodiane sotto il sole di luglio, appiccicati dal sudore a corpi di sconosciuti. La prima retrocessione in Serie B dal dopoguerra ma con una proprietà che costringe il centravanti dell’Argentina e la mezz’ala della Germania a rispettare il contratto e a calcare il glorioso terreno del Tupparello di Acireale. La promozione, e l’inserimento nel novero delle 7 sorelle, assieme alla Juventus di Agnelli, il Milan di Berlusconi, il Parma di Tanzi e così via. Anni di grandi giocatori e di qualche trofeo. Incredibile. Si.Trofei. A Firenze. E’ successo davvero.  

Infine abbiamo trovato il male. Il fallimento del 2002. Uno scandalo all’italiana, falliti per insolvenze che erano noccioline in confronto a quelle di altri club. E l’arrivo dei salvatori sul cavallo bianco, con la loro fortuna fatta con le scarpe coi chiodini sotto. La C2, quarantamila spettatori la domenica a vedere uno sport più vicino al ju jitsu che al calcio. Dopo la promozione il primo compromesso. Il salto della C1 e l’iscrizione al campionato di Serie B. Il primo contentino, il primo strappo all’orgoglio che ci apparteneva. Subito doppiato dallo spareggio per tornare in serie A giocato dopo un sesto posto nella serie cadetta.

Poi forse la macchia più grave. Calciopoli. Per evitare di essere assassinati dal sistema la proprietà china la testa. Da lì il processo, la condanna sportiva, e l’inizio di un processo di allontanamento del proprietario dal club fino a raggiungere la distanza siderale di oggi. Nel mezzo un paio di colpi di coda, un tentativo di grandeur con l’acquisto di Toni, Mutu, Gilardino, fino alla favola triste di Mario Gomez. Alcuni piazzamenti nelle coppe europee e poi la mediocrità. Mascherata solo in parte dalla pochezza tecnica che è diventato il campionato italiano. L’incapacità di trattenere giocatori importanti, la ricerca ossessiva di carneadi a basso costo per tappare i sempre più frequenti buchi di bilancio. Tra l’altro difficilmente spiegabili. La cosa aberrante è che ad una fetta importante di tifosi va bene così. Per timore del peggio. 

Adesso probabilmente è il momento di dire basta. Di rigettare una cosa che ci sta facendo male, che ci sta cambiando. Chiudo col coro che ora come ora sento più vicino a noi: MERITIAMO DI PIU’

Lorenzo Marchi