
Si è spento a Toronto all’età di 77 anni il regista de L’alba dei morti viventi, padre del genere Zombie, come oggi lo conosciamo.
Se gli anni 90 sono stati gli anni dei vampiri con il celebre riadattamento cinematografico del Dracula di Bram Stoker ad opera di Francis Ford Coppola e Intervista col Vampiro, il film tratto dalle opere della scrittrice Ann Rice, possiamo dire con certezza che nei primi anni del nuovo millennio c’è una solo figura che domina nel panorama horror del cinema e della televisione: quella dello zombie. Non importa se siano lenti e inarrestabili come quelli della serie tv The Walking Dead o veloci e sanguinari come i contagiati del film 28 Giorni Dopo di Danny Boyle o ancora comici come ne La notte dei morti Dementi di Edgar Wright, gli zombie sembrano ritrarre perfettamente le ansie alienanti e catastrofistiche di questo nostro tempo.
Il primo film che mise in campo l’ebete figura del morto vivente, risvegliato dal sonno eterno dal vecchio e caro voodoo, è L’isola degli zombies del 1931 diretto da Victor Halterin e interpretato dal grande Bela Lugosi: bellissimo lungometraggio in bianco e nero ma ancora ben lontano dal caricare lo zombie dei significati intimamente angoscianti che lo avrebbero caratterizzato in seguito.
Bisogna aspettare il 1968 perché nasca lo zombie che conosciamo: quello che ha il volto di un nostro caro, quello la cui brama cannibale mette di fronte le sue vittime all’esigenza di sparare un colpo di pistola nella fronte di nostra figlia, di nostro padre, dei nostri amici tornati dalla morte con la sola pulsione di divorarci. Questa creatura la creò e la definì George Andrew Romero che appunto nel 1968 firmò la sceneggiatura e la regia di Night of the Living Dead, La Notte dei morti viventi.
Il film venne girato in 35 mm (Romero pensò all’inizio di realizzarlo in 16 mm ma poi desistette per ridurre i costi e investire i fondi per girare più scene) e fu realizzato a bassissimo costo: gli attori e gli stessi produttori dovettero ricoprire tutti i ruoli delle maestranze improvvisandosi costumisti, truccatori e ingegneri del suono. Persino il bianco e nero fu una scelta obbligata: era l’unica maniera di rendere verosimile sullo schermo il sangue, realizzato con sciroppo alla frutta. Eppure i 114.000 dollari che vennero investiti nel film generarono non solo il capostipite di un genere, ma un vero e proprio piccolo capolavoro del cinema della seconda metà del novecento, carico di drammaticità e suggestione.
Se i film di zombie prodotti negli anni 70 e ottanta (anche dallo stesso Romero) non eguagliarono mai La Notte dei Morti viventi, pur declinando il genere in mille sfumature diverse, dal fantascientifico all’intimista, lo spirito millenaristico di questo giovane secolo ha giovato al cadavere ambulante antropofago, rilanciandolo nel panorama dei nostri incubi contemporanei. Negli ultimi anni Romero produsse una nuova serie di film zombeschi : La Terra dei morti viventi, una produzione di 16 milioni di dollari, il budget più alto della sua carriera, che vedeva come protagonisti Dennis Hopper, Asia Argento e John Leguizamo e poi Le Cronache dei morti viventi del 2007, girato in digitale, e Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti (2009) che è stato presentato in anteprima mondiale alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Questi furono gli ultimi colpi di coda del regista, come se Romero volesse dimostrare a chi si era cimentato con la figura dello zombie che il maestro, il grande burattinaio dei corpi morti e delle ansie che essi sapevano generare nel pubblico, era sempre e solo lui.
Addio burattinaio, sappiamo che tornerai, anzi sei già tornato. E non temere, abbiamo imparato la lezione: sapremo trovare il coraggio di farti saltare le cervella. Come tu hai fatto con le nostre.
David Della Scala