
Fino a stasera 10 giugno, il coreografo Benoit Lachambre duetta col suo pubblico in Lifeguard: una danza sciamanica per ritrovare le nostre ali.
Benoit Lachambre è uno strano tipo: coreografo canadese attivo fin dagli anni 70, dal 1985 si avvicina alla tecnica Realising. Da allora l’improvvisazione e la ricerca estetica del movimento cominciano a caratterizzare il suo lavoro e a renderlo sempre più radicale, sempre più coraggioso. L’arte di Benoit Lachambre conta certamente su una solidissima tecnica fisica, mimica e vocale, ma ciò che la rende unica è l’imprescindibile ricerca dello scambio con l’Altro con la “A” maiuscola: sia esso un artista con cui collaborare o, come nel caso di Lifeguard, il pubblico che assiste allo spettacolo.
Così, appena entrati nella Sala Ghiberti dell’Accademia delle Belle Arti, ecco che incontriamo Benoit Lachambre che col suo sorriso aperto e suoi occhi grigio azzurri ci accoglie e ci saluta uno a uno. Ci invita a muoverci in libertà per lo spazio della sala, ad osservare le statue e gli affreschi o semplicemente camminare su e giù, insomma a fare tutto quello che ci va. Non fa mistero dei suoi intenti: ha bisogno di qualche minuto per osservarci, per cercare una traiettoria attraverso la quale muoversi a sua volta.
E allora, ognuno con la sua capacità di sospensione dell’incredulità, ognuno con il suo grado di naturalezza, tutti decidiamo di stare al gioco. C’è chi passeggia con le mani dietro alla schiena, chi si sofferma ad ammirare il grande calco della Porta del Paradiso, chi, forte di qualche lezione di teatro, attiva qualche dispositivo mimico e, vivaddio, chi ridacchia imbarazzato. Ma ecco che, all’improvviso, Lachambre si alza dallo sgabello. Inizia a camminare come un equilibrista che ha trovato una linea invisibile tra i corpi in movimento. Tiene gli occhi chiusi e con le mani inizia a cercare le nostre. E quando le trova, quando si stabilisce il primo contatto fisico con uno di noi, tutti capiamo che quello che ci sta proponendo non è un esercizio teatrale condito di vuota retorica: il corpo di Lachambre è lì, pronto a vibrare a rispondere alle emozioni che sapremo trasmettergli. Possiamo lambirlo, accarezzarlo, spingerlo, farlo roteare. Ogni nostro tocco produce in quella macchina di tendini e muscoli come nel paesaggio del suo volto scavato, evoluzioni che ci meravigliano, ci sorprendono. E’ un linguaggio quello che Benoit Lachambre ci sta insegnando, un linguaggio del quale a poco a poco stiamo apprendendo i rudimenti.
Lui si presta a noi come un oggetto, ma è da lui che impariamo. E’ lui a condurre il gioco.
Entrano in sala altri spettatori. Sulle prime, la palpabile complicità che si è stabilita tra il coreografo e noi che abbiamo partecipato fin dall’inizio al suo esperimento intimidisce un po’ i nuovi arrivati. Ma è solo in quel momento che comincia lo spettacolo, quello vero. Lachambre tramite la musica, la danza e le parole sta per trascinarci tutti nel suo immaginario anarchico, sciamanico e liberatorio. Vale tutto: l’artista canadese invita gli spettatori a ballare con lui una scatenata Samba di strada, poi fa passare un foglio tra il pubblico chiedendo ad ognuno di leggere ad alta voce i nomi che gli indiani Mohawk utilizzavano per indicare i luoghi del suo Canada, brandisce uno scopettone con il quale ci insegue, ci tormenta, ci invita a giocare, a ballare e a tornare autentici, in un gioco infantile ed eccitante dove si ride di lui e di noi stessi. Poi tutto si ferma. E’ tempo che lo sciamano intoni un canto, che il suo corpo torni a vibrare e che la sua voce si propaghi potente, selvaggia, arcaica. E così assistiamo ad un miracolo.
“Toccatemi la schiena.” Dice Benoit Lachambre alla fine della performance. “Ho ritrovato le mie ali.” E con lui tutti noi.
Alcuni si avvicinano, obbedienti a quello strano, strampalato e generoso medicine man, altri preferiscono sgranchirsi le ritrovate piume e applaudire questo spettacolo straordinario che per una sera ci ha restituito la voglia di giocare, entrare in contatto fisico, di fare un passo avanti verso l’altro. Per una notte Benoit Lachambre ci ha resi liberi, senza spiegare niente, senza combattere, semplicemente esistendo.
Lifeguard: portate il vostro corpo, cercate spazio e… liberi tutti.
David Della Scala
Fino a Domenica 10 giugno alla Sala Ghiberti dell’Accademia Delle Belle Arti di Firenze.
Primo percorso alle ore 20:00 (prenotate in fretta)
Performance di Lifeguard ore 21:00
Biglietti 10 euro…posti limitati.
Prenotazioni: 055 2638480