Valeria Belleudi: Io, Alex e la nostra storia di riscatto

 

Una grintosa Valeria Belleudi racconta a Quasiradio il suo ruolo da protagonista in Flashdance e di quanto la storia di Alex assomigli alla sua

 

Di David Della Scala

 

Va in scena al Teatro Verdi di Firenze Flashdance, il musical diretto da Chiara Noschese tratto dall’omonimo film di Adrian Lyne. Stiamo parlando di un vero e proprio film culto degli anni 80, con la sua colonna sonora ben impressa nei cuori e nelle orecchie del pubblico e quelle scene di ballo che oramai fanno parte dell’immaginario collettivo. Ma sopratutto indimenticabile per la potenza del personaggio di Alex, la ballerina operaia protagonista della storia: una vera e propria icona femminile che nel film aveva il volto di Jennifer Beals. Insomma portare a teatro Flashdance è una bella sfida e sopratutto ci vuole qualcuno che abbia il coraggio e la grinta di misurarsi con quel personaggio, quella Alex tanto fragile quanto forte. Dal canto nostro però, possiamo assicurare una cosa: Valeria Belleudi, la performer che in questa trasposizione teatrale interpreta Alex, di grinta e coraggio ne ha da vendere. Ce ne siamo resi conto dopo averla raggiunta al telefono per parlare con lei dello spettacolo e del suo personaggio…

 

Valeria, se permetti vorrei cominciare con una domanda a trabocchetto, ti va?

Uhmm, vediamo…

In questo Flashdance tu interpreti Alex, una ragazza che insegue il suo sogno di divenire una ballerina professionista. Alex non è un’etoile, non proviene da un accademia eppure deve dimostrare di avere talento, punto e basta. Ma… ti ricorda qualcuno?

…Io! (ride)

Non sei caduta nel trabocchetto, lo sapevo. Allora… quanto c’è di te in questo personaggio, della tua storia?

C’è tantissimo. Io nasco come ballerina. Il mio sogno era quello di fare la ballerina, non la performer di musical. Poi però, studiando studiando degli insegnanti molto validi che ho avuto la fortuna di incontrare mi dissero: “Guarda Vale tu potresti essere una brava danzatrice, ma sappi che non hai le linee e le doti innate per poter essere un’etoile.”

Ohi! Dunque… grande delusione?

No, ho preso atto di questo. Mi sono sempre guardata allo specchio e vedevo la differenza tra me che non avevo quelle doti e chi invece ce l’aveva: l’impatto visivo era completamente differente. Sapevo di avere una buona espressività corporea, ma una ballerina deve avere un certo tipo di linea fisica, dei requisiti da rispettare. Così una volta cosciente dei miei limiti ho aperto un po’ di orizzonti. Mi sono detta: ok io non potrò mai essere un’etoile o una ballerina solista ma cosa posso fare per mettere dentro la danza in quello che farò, che voglio fare? E allora ho scoperto di saper cantare, di essere intonata e di poter giocare sulla completezza: ho provato ad unire alla danza altre doti che avevo. Ho cominciato a studiare un po’ di tutto…e sono diventata una performer. Per me interpretare Alex è proprio questo: l’opportunità di raccontare come nonostante un trascorso fisico, emotivo o familiare un po’ burrascoso si possa raggiungere qualcosa in cui credi. Io non sono una ballerina solista ma alla fine dello spettacolo quattro minuti di coreografia da sola sul palco me li sparo: ed è un po’ come realizzare un sogno.

A proposito di sogni: Flashdance è un film del 1983 ed eravamo nel pieno del sogno americano. Alex rappresentava una vera e propria eroina della classe lavoratrice di quei tempi, una che di notte ballava nei club e di giorno aveva un lavoro come operaia in fonderia. Ma secondo te una Alex di oggigiorno invece, tra un’estenuante prova di danza e l’altra… chi è e che lavoro farebbe?

Vediamo, potrebbe fare….il meccanico! Si, la riparatrice di auto. E magari la notte lavorare in un pub,  tipo “Le ragazze del Coyote Ugly”.  Di certo sarebbe una che è in un mondo completamente diverso da quello in cui vorrebbe essere.

Flashdance è pieno di canzoni memorabili: Maniac, What a Feeling, I love Rock n Roll, Manhunt…come vi siete confrontati con una colonna sonora così importante e come avete scelto di riproporla?

L’abbiamo riproposta in lingua originale. Questi pezzi non si toccano, non si possano tradurre: se li traduci li rovini. Nell’immaginario collettivo sono così, come li senti alla radio. Abbiamo cercato di riproporli esattamente come sono stati ascoltati, senza fare arrangiamenti troppo lontani da quelli originali. La gente si aspetta di sentirli così e così è giusto che siano.

 

Per Flashdance vennero contattati diversi registi: Brian De Palma, Cronemberg. Ma alla fine fu il taglio di Adrian Lyne a renderlo indimenticabile. Flashdance, 9 Settimane e Mezzo, Attrazione fatale, Lolita…al centro dei film di Lyne e alle redini delle sue storie c’è sempre una donna e il suo corpo. Quindi ti chiedo: tu e la regista Chiara Noschese che corpo e che donna avete messo in scena in questo musical?   

Chiara ha messo in scena una donna 2.0. Mi spiego: una donna che rispetta perfettamente i canoni di sensualità che tutte le donne posseggono ma che ha anche un forte spirito di indipendenza. E che quindi risulta anche un po’ fastidiosa per gli uomini. Sai com’è, voi uomini non siete troppo abituati a una donna indipendente…

Ci stiamo lavorando, ma non è facile…

Guarda, voi ci state lavorando, ma sta anche a noi abituarsi a questo tipo di emancipazione. Ormai cambiamo le gomme delle macchine, ripariamo lampadine, usiamo il trapano per mettere le mensole…

Tutte cose che noi non sappiamo più fare, del resto…

Bravo, esatto. Secondo me si sono un po’ invertiti i ruoli. La forza del personaggio di Alex sta proprio in questo. Secondo me nel 1983 non sapevano che la donna sarebbe arrivata veramente a quello che Alex era  nel film. Noi siamo arrivate ad essere quella donna là: una che si arrabbia, che si infuria, che manda a quel paese il proprio uomo, una donna che gestisce la relazione: anche troppo a volte, no? Sai, che a volte attacca per non essere attaccata, per difendersi, per proteggersi soprattutto da chi pensa che una donna da sola non ce la possa fare.

Alex era interpretata da Jennifer Beals…tu le assomigli un bel po’ tra l’altro…

(ride) Me lo dicono in molti…

E la storia di Jennifer Beals è singolare: dopo la  grande notorietà per Flashdance, lei diventa un po’ schiva, pudica, molla tutto. Poi si dedica al cinema indipendente, fa un cameo con Nanni Moretti, riappare in  Four Rooms dell’amico Quentin Tarantino e poi recita in qualche serie televisiva. Cosa ne pensi di questa attrice e del suo percorso così particolare?

Credo che sia stata travolta da questo successo inaspettato per Flashdance: al tempo era molto giovane. Consideriamo anche il fatto che per le scene di ballo aveva delle controfigure, perché lei era un’attrice. La gente pensava che fosse questa grande ballerina e invece non era lei.  Penso che si sia un po’ spaventata e abbia fatto dei passi indietro per cambiare tipologia di scelte, ecco. Fare altre scelte e allontanarsi completamente da quel personaggio cult. E’ un processo interessante, perché in questo mestiere può capitare a chiunque.

Mentre tu invece, in questo spettacolo controfigure non ce l’hai…

No, qui faccio tutto io: ballo, canto, recito per due ore e mezzo. Faccio anche un po’ di acrobatica…

Di acrobatica?

Si, di acrobatica che ho imparato così…per l’occasione (ride). Faccio un tuffo, sai quello del finale. Poi un mortale su una mano e una sorta di verticale che…vabbe’ come faccio a spiegartela? Dovete venire a vederla, dai, che ci ho messo un mese ad impararla…

Pensare che ti avevano detto che non avevi il fisico per fare la ballerina…

Un bel riscatto, senza dubbio.

 

Valeria Belleudi e Lorenzo Tognocchi in…

FLASHDANCE – IL MUSICAL

TEATRO VERDI di Firenze

da venerdì 16 a domenica 18 novembre

spettacoli ore 20,45- sabato ore 16,45 e 20,45 e domenica ore 16,45

Adattamento Teatrale di Tom Hedley e Robert Cary.

Basato sulla Sceneggiatura del film della Paramount Picture di Tom Hedley e Joe Eszteraas.

Musiche di Robbie Roth,

Liriche di Robert Cary & Robbie Roth.

Traduzione e Adattamento, Testo e Liriche Italiane di Chiara Noschese