Ibsen… e ritmo

 

La coraggiosa regia di Marco Sciaccaluga vince la scommessa di mettere in scena un Ibsen contemporaneo

Di David Della Scala

C’è un vecchio lupo ammalato al piano di sopra che notte e giorno cammina su e giù tormentando con il rumore dei suoi passi i due poveri fantasmi che abitano le stanze al piano terra. Il lupo una volta era un uomo. Un uomo potente, amato e temuto al punto che la gente lo chiamava per nome come si fa con un re: John Borkman. E anche i fantasmi un tempo erano donne, due sorelle che amavano quell’uomo e il suo potere e che vivevano della sua volontà. Ma quello era un tempo lontano, prima della rovina, della vergogna. Oggi tutti e tre sono solo ombre alle quali non resta che incolparsi l’una con l’altra per quello che è stato, ognuna nella vana attesa che il debole fuoco delle altre due si estingua per inseguire il miraggio di un riscatto, di una rivincita, di un sollievo.

John Gabriel Borkman è il penultimo lavoro di Ibsen: freddo, crudele e al contempo lirico questo dramma rappresenta il luogo in cui i temi del teatro borghese esplorati dall’autore scandinavo e le sue sperimentazioni poetiche e simboliche raggiungono un’efficacia spietata. Eppure i suoi quattro atti scritti in pochi mesi da Henrick Ibsen nel 1896, asciutti ed essenziali sembrano voler lasciare spazio al non detto e alle suggestioni di chi abbia voglia di raccoglierne il senso.

Deve essersene accorto Marco Sciaccaluga, perchè nel suo John Gabriel Borkman in scena al Teatro Della Pergola non solo si sottolinea l’indubbia contemporaneità del testo originale…ma si osa, si osa moltissimo.

Per prima cosa, c’è grande coraggio nella scelta dell’ambientazione, delle atmosfere. Gli scenari ottocenteschi che tanto scaldano i palati degli amanti di Ibsen sono messi da parte in favore di un allestimento più moderno, che potrebbe richiamare l’immaginario visivo legato ai testi di Arthur Miller. I costumi, ma soprattutto le scene di Guido Fiorato sono pregevoli: con i personaggi intrappolati tra le mura grigie, tutte proiettate verso l’illusione di punto di fuga che si rivela un vicolo cieco, un muro contro il quale ogni possibilità di redenzione dei protagonisti andrà a sbattere.

Ma la grande scommessa di questo spettacolo sta nel ritmo: incalzante, vivo, licenzioso ma mai irrispettoso nei confronti del testo originale, il discorso narrativo scorre nelle bocche e nei gesti dei personaggi facendo volare il tempo. E così chi tra il pubblico temeva Ibsen vi si appassiona e chi lo conosce e lo ama rimane spiazzato e vivaddio, nuovamente sorpreso. Gabriele Lavia con i colori del grottesco, del ridicolo eppure del profondo, tratteggia la figura egomaniaca del decaduto self made man. E’ l’intelligenza di Lavia nel prendere, ma soprattutto nel concedere spazio che rende questo spettacolo corale, credibile. E così intorno a lui e al suo fianco Laura Marinoni dà vita ad una Gunhild meravigliosa, inedita: una donna apparentemente abbandonata alla sciatteria, ma ancora tormentata e passionale. Federica Di Martino dona la sua eleganza ad un’affilata eppur fragilissima Ella, Roberto Alinghieri  disegna con mano autoriale e piglio da caratterista il suo Vilhelm Foldal, Giorgia Salari con pochi tratti imprime l’immagine della sua moderna e conturbante Fanny Wilton, Francesco Sferrazza Papa e Roxana Doran incarnano tutta l’ingenua cannibale impazienza di  Erhart e Frida.

Nel panorama dei numerosi tentativi non sempre riusciti di restituire attualità ai testi del passato, l’opera di Ibsen gode di una posizione privilegiata. Perché i suoi drammi sono ancora oggi i nostri drammi e i suoi personaggi continuano ad assomigliarci, che ci piaccia o meno. Il John Gabriel Borkman di Marco Sciaccaluga indica una strada: si può ancora maneggiare Ibsen dandogli colori e ritmi inediti. Basta solo avere il coraggio di guardare al cuore della sua opera con tutta la sua disarmante, innegabile e spaventosa onestà.

 

Gabriele Lavia
Laura Marinoni
Federica Di Martino

John Gabriel Borkman

di Henrik Ibsen
versione italiana Danilo Macrì
e con Roberto Alinghieri, Giorgia Salari, Francesco Sferrazza Papa, Roxana Doran
scene e costumi Guido Fiorato
musiche Andrea Nicolini
luci Marco D’Andrea
regia Marco Sciaccaluga
produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Teatro della Toscana
foto di scena Federico Pitto
Dal 20 al 25 Novembre Al Teatro della Pergola
Orari 20.45, domenica 15.45