
La Briscola In Cinque con la regia di Andrea Bruno Savelli. Tra vernacolo e giallo, un irresistibile poker di attori.
Di David Della Scala
Diciamolo chiaramente: il pettegolezzo è una brutta cosa. A nessuno fa piacere che si parli di lui alle sue spalle. Nei piccoli paesi poi, dove tutti sanno tutto di tutti, la situazione può diventare veramente insostenibile. C’è addirittura chi fugge dalle realtà di provincia proprio per sottrarsi alla morbosa curiosità di sguardi troppo vicini, troppo familiari e finalmente perso nella confortevole indifferenza delle grandi città, rivendicare il suo sacrosanto diritto all’oblio, all’anonimato. E se invece il pettegolezzo, il chiacchiericcio rappresentasse…una rete di salvataggio?
Nei romanzi di Marco Malvaldi l’intricata rete dei pettegolezzi della cittadina marittima di Pineta porta l’acqua del sentito dire ad un unico mulino, un centro nevralgico che tra una spuma e un caffè corretto elabora e incamera ogni indiscrezione, si tratti di un pruriginoso caso di corna o di un inspiegabile omicidio. Questo è il Bar Lume.
Nel riadattare per il teatro le pagine de La Briscola In Cinque, Angelo Savelli ha concentrato tutta l’azione all’interno di quel piccolo bar a due passi dal mare, affidando ai personaggi che vi si avvicendano la narrazione didascalica degli avvenimenti che nel libro di Malvaldi hanno invece luogo al di fuori del locale. Il Bar Lume diviene così un vero e proprio commissariato dove testimonianze, prove e controprove confluiscono per fornire elementi sull’assassinio di una giovane ragazza, il cui corpo è stato ritrovato in un cassonetto dell’immondizia l’alba successiva ad una folle notte di divertimento.
A raccogliere questi elementi e ad accollarsi l’impegno dell’indagine, per senso della giustizia o magari solo per curiosità, c’è il proprietario del Bar Lume, Massimo ( interpretato da Andrea Bruno Savelli, nella doppia veste di attore e di regista dello spettacolo) e naturalmente il suo pool di improbabili investigatori: i quattro pensionati che con loro capacità di raccogliere pettegolezzi saranno più efficienti del centro dati di Cambridge Analytica e più scrupolosi dell’ archivio di N.C.I.S., pur rimanendo rigorosamente seduti ai tavolini davanti ad un mazzo di carte.
E La Briscola in Cinque è soprattutto l’occasione per ammirare un irresistibile quartetto di mattatori: Sergio Forconi nel ruolo di Aldo, l’impenitente vedovo proprietario del ristorante il Boccaccio, man mano che lo spettacolo va avanti impone la sua esperienza nel dettare i tempi comici con un solo gesto, con un singolo sguardo da offrire agli altri attori come gancio situazionale; Raul Bulgherini illumina con il suo sorriso e la toscanissima sguaiatezza della sua voce la figura di zio Ampelio; Diego Conforti con la lima del caratterismo cesella il personaggio del Rimediotti e lo rende una perla irremovibilmente incastonata nell’immaginario del pubblico. E infine Luca Corsi, che con garbo interpretativo e sgangherata fisicità restituisce tutta la dolcezza e l’adorabile sciatteria del suo Pilade Del Tacca.
Divertenti e divertiti, i quattro attori danno vita ad un Rat Pack al sapore di vernacolo che incanta e conquista ma che, ahimè, fa un po’ sentire la sua mancanza quando non è in scena.
In effetti, Greta Cinotti convincente nel ruolo della cameriera Tiziana, lo spirito femminile per eccellenza della storia, Giovanna Brilli che interpreta la pettegolissima e spassosa moglie di Pilade, Amerigo Fontani elegante e affilato nel ruolo del medico legale e i giovani Elisa Vitiello e Lorenzo Socci (quest’ultimo particolarmente suggestivo per il sottoscritto articolista, con la sua vocalità acerba e nasale ma indubbiamente accattivante) nonché lo stesso Andrea Bruno Savelli si illuminano a pieno di bravura e tridimensionalità solo quando sono esposti alla luce del quartetto dei “diversamente giovani” investigatori del Bar Lume.
Ma forse il merito del testo, della regia e degli altri attori sta proprio nel farsi da parte per incorniciare la prova di questo poker d’assi. E allora c’è un momento durante La Briscola In Cinque che riassume il senso dello spettacolo: Andrea Bruno Savelli nei panni di Massimo il barista che dopo aver pronunciato una battuta guarda negli occhi Sergio Forconi in piedi al di là del bancone, in attesa di una risposta. La faccia di Forconi non possiamo vederla ma su quella di Savelli già compare un mezzo sorriso. Il sorriso di un capocomico che sa di avere fra le mani la forza deflagrante di un attore. E che accesa la miccia, sta per godersi l’esplosione.